(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 46

 

LA TEORIA DEL COMPLOTTO

 

(PARTE TERZA)

 

 

IL SIPARIO STRAPPATO

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Il tuo nome è Daniel Thomas Rand e per quanto ne sa la gente di te, sei solo un giovane e ricco imprenditore non dissimile da tanti altri: alto, biondo, attraente, ma poco incline alla vita mondana. Sei riapparso a New York 10 anni dopo una scomparsa avvenuta tra le nevi dell’Himalaya per reclamare l’eredità del tuo defunto padre e da allora hai trovato un soddisfacente accordo per gestire la Rand-Meachum Inc. assieme alla tua socia Joy Meachum, come te, figlia di uno dei fondatori della società.

Si, questo e poco altro è ciò che sanno di te. Quello che non tutti sanno che è che, più o meno segretamente, sei anche Iron Fist, l’Arma Vivente, il campione della leggendaria e favolosa città di K’un Lun, un reame da sogno che solo una volta ogni 10 anni appare sul piano terrestre nell’omonimo massiccio montuoso della Cina continentale. I giornali occidentali ti chiamano supereroe ed in fondo hanno ragione. Per questo, a quest’ora della notte ti stai aggirando per la Chinatown di New York, mentre Joy Meachum è da qualche parte a divertirsi dopo una giornata di duro lavoro e quella che dovrebbe essere la tua donna, Misty Knight, è… altrove.

Per uno con i tuoi talenti non è stato particolarmente difficile arrivare non visto in un particolare edificio, eludendo senza troppe difficoltà sofisticatissimi sistemi di sicurezza, ed ora sei pronto a spiare una certa riunione segreta. Secondo le informazioni in tuo possesso, qui potresti trovare informazioni su chi ha tentato di uccidere il tuo vecchio amico Luke Cage, ora che la pista che portava a Gideon Mace è sfumata.[1] Tu e Luke potete anche non essere più soci negli Eroi in Vendita, ma lui è pur sempre uno dei pochi, veri, amici che hai e questo per uno come te, significa molto.

Stai riflettendo se entrare da un lucernario apparentemente incustodito, quando i tuoi sensi allenati percepiscono qualcosa… per tua fortuna, perché ti volti di scatto e salti di lato appena in tempo per evitare il fendente di una scimitarra che ti avrebbe lasciato senza testa.

Riconosci subito il tuo avversario, anche se è diverso tempo che non lo incontravi: un mercenario mediorientale che si fa chiamare:

-Scimitar!-

-Esatto, Iron Fist, e tu sei stato così gentile da capitarmi a tiro.-

            Una trappola, era solo una trappola preparata apposta per te e tu ci sei cascato come uno stupido. Bene: non è la prima volta che accade, i tuoi nemici hanno tentato spesso di toglierti la vita e non hanno avuto successo. Puoi battere Scimitar, lo hai già fatto in passato. Per quanto sia forte, senza la sua arma non è alla tua altezza. Nel momento stesso in cui eviti a malapena un fendente e piombi contro il lucernario, precipitando nella stanza sottostante, ti ricordi che è sempre meglio non essere troppo sicuri di se, in certi casi.

 

             Il mio nome è Shang Chi. Fin da quando sono nato, mio padre mi ha addestrato ad essere la sua arma definitiva. Ha fallito... o forse ha fatto il suo lavoro fin troppo bene. Ho imparato a combattere a mani nude forse meglio di chiunque altro, ma ho anche imparato i valori della pace e della giustizia. Avevo 19 anni, quando ho scoperto che mio padre aveva pervertito quei valori ai suoi scopi e che il mondo di pace che lui diceva di perseguire avrebbe dovuto sottomettersi a lui. Da allora ho ripudiato mio padre ed ho scelto di oppormi a lui.

            Il nome di mio padre, il nome che lui stesso si è scelto ripudiando il nome con cui è nato e che nessuno più ricorda, è Fu Manchu.

Molti lo considerano una leggenda, il personaggio di una serie di racconti di fiction, inventato da un distinto signore inglese vagamente razzista. Sbagliano. Fu Manchu esiste e la sua pericolosità è reale. Mi sono, ancora una volta, lasciato coinvolgere in quelli che chiamo giochi di morte e d’inganni perché a qualunque costo la sua minaccia deve essere neutralizzata per sempre e, che mi piaccia o meno, questo è il mio compito.

Non mi piace camminare sul suolo metallico di quel che resta di un’isola dei Caraibi un tempo nota come Boca Caliente. È una sensazione innaturale. Non c’è vita qui, non vita naturale almeno, l’aria ha qualcosa di strano e non sono il solo a percepirlo.

-Prima avremo finito qui e meglio mi sentirò.- dice Black Jack Tarr. A dispetto dei suoi anni, è ancora forte e robusto. È un uomo semplice e diretto, dai modi bruschi, ma non tradisce mai un amico.

-Rilassati Tarr.- replica Clive Reston –Ammetto che questo posto ha un che d’inquietante. Non è certo la Giamaica od un’altra di quelle isole che mio padre era solito frequentare nei suoi anni migliori.-

            Reston parla molto, ma dietro i suoi modi fatui c’è un uomo tormentato. È uno dei migliori agenti del MI6, il Servizio Segreto Britannico, una tradizione di famiglia, dice lui.

Fate silenzio!- interviene improvvisamente Leiko Wu –Penso di aver trovato qualcosa… forse una botola.-

            Leiko Wu è stata la prima donna che ho amato e prima di allora è stata la donna di Reston. È fiera ed indipendente, forse troppo per i gusti di un uomo.

-Potrebbe non essere una buona idea aprirla senza avere idea di cosa c’è dietro. Tu che ne pensi, Chi?- mi chiede Clive.

-Dico che questo posto non mi piace. C’è un’atmosfera malsana qui.- rispondo.

            Clive Reston mi guarda ed abbozza un sorriso, poi si rivolge a Black Jack Tarr:

-Che ne diresti di aprire questa stramaledetta botola?-

            Tarr non spreca parole e si avvicina alla cosiddetta botola squadrandola per bene. Non ci sono maniglie od altri appigli. L’A.I.M. doveva usare mezzi più tecnologici per l’apertura, ma probabilmente sono andati distrutti.

            Mi avvicino e guardo quel pannello di freddo metallo. Calo il palmo della mia mano. La botola salta via.

-Sei un tipo utile da avere vicino, quando uno dimentica le chiavi di casa, Chi.- mi dice Reston –Adesso gente quello che resta da fare è scendere là sotto. E poiché un buon capo deve dare l’esempio, andrò io per primo.-

-Continuo a pensare che non sia una buona idea...- brontola Black Jack Tarr -… ma che io sia impiccato se andrai giù da solo.-

            Uomini coraggiosi, ma basterà contro i pericoli che ci aspettano là in fondo? Lo scopriremo insieme.

 

            Sei uomini ed una donna, forse la più strana squadra d’assalto che Luke Cage abbia mai visto. I soli ad indossare un costume colorato sono Paladin ed Elektra, gli altri indossano degli abiti più pratici. Molti di loro rigetterebbero con sdegno l’etichetta di mercenario, ma in pratica non si può negare che tutti loro accettano lavori ben pagati che non contrastino con la loro etica personale… che spesso non è facile da decifrare. Quel poco che Luke sa di Elektra Niatchos è che è ritenuta una killer internazionale, che è stata data per morta almeno una volta e che è una specie di Ninja. Quasi tutte queste informazioni gli vengono dal suo amico Danny Rand, che sa un sacco di cose sul mondo dei ninja ed altre scemenze simili. John Garrett è un enigma. Dice un sacco di sbruffonate ed è chiaro che tra lui ed Elektra c’è una qualche storia passata, lo si capisce solo vedendoli parlare o solo da come reagiscono l’uno all’altra quando sono vicini. Una storia passata e probabilmente tutt’altro che piacevole. Rick Mason, il cosiddetto “Agente”, una sorta di superspia free-lance i cui gadget farebbero l’invidia di James Bond, e Paladin non sembrano avere molta simpatia per Garrett e lo stesso vale per Luke. Quell’uomo ha qualcosa che ti spinge ad essere guardingo e non è solo la sua stazza, Luke ha battuto uomini ben più grossi, è il modo in cui ti guarda, la luce nei suoi occhi, come se pensasse sempre al modo migliore per ucciderti. Simon Stroud è un ex agente della C.I.A. o così pare. Non parla molto e sembra pensare solo a tenere in efficienza le sue armi, mentre il velivolo ultratecnologico in cui si trovano sta raggiungendo la loro meta.

            Luke si chiede ancora perché ha accettato la missione propostagli da Harold Howard. Si dice che lo fa perché è una buona causa, impedire l’uso di una superarma di distruzione di massa da parte di un gruppo terrorista, ma dentro di se non può non domandarsi se non sia stato solo il premio schifosamente alto a convincerlo. Beh, che male c’è nel guadagnare un sacco di soldi? Dopo la distruzione del suo ufficio della 42° strada ha davvero bisogno di un po’ di quattrini per rimetterlo in piedi.

-Ci siamo gente.- annuncia Paladin, strappandolo dai suoi pensieri –Siamo sull’obiettivo.-

-Era ora!- esclama Garrett –Non aspettavo altro che l’occasione di una buona e sana azione.-

-Io non sarei così entusiasta.- interviene Rick Mason –Non amo uccidere, se non quando è davvero necessario.-

-Se posso dire la mia, vi consiglierei di lasciare per dopo le questioni filosofiche…- li interrompe il pilota, una donna -.. e prepararvi  al lancio. Non voglio restare qua sopra più a lungo dello stretto necessario.-

-Credevo che Howard avesse detto che quest’affare è assolutamente invisibile ai radar ed a qualunque altro tipo di rilevazione.- replica Paladin.

-Oh, io tendo sempre a credere ad uno con le risorse di Mr. Howard, ma non credo che sia proprio il caso di rischiare di essere individuati, voi che ne dite?-

            Il silenzio dei presenti è un’eloquente risposta.

-Tra esattamente 12 ore dovrete trovarvi al punto di raccolta per essere evacuati.- continua la ragazza –Vi aspetterò per mezz’ora e poi decollerò. Gli ordini sono tassativi. Mi dicono che siete dei professionisti, quindi non ho bisogno di dirti altro.

            Paladin si sporge verso di lei sorridendo:

-Magari quando tutto questo sarà finito potremmo trovarci per bere qualcosa insieme o, meglio ancora, per una cena. Il che mi ricorda che non ci hai ancora detto come ti chiami, bellezza.-

-Perché non avete bisogno di saperlo. Tutto qui, Mr. Paladin ed ora se vuol decidersi a lanciarsi…-

            Paladin ammicca e poi raggiunge il portello e salta nel vuoto seguito dagli altri. La missione è cominciata.

 

 

2.

 

 

            Mentre ti dai ancora una volta dello stupido per essere caduto come un dilettante nel tranello, usi tutta la tua abilità, affinata da anni di allenamento, per salvarti la vita. Sei Iron Fist, l’arma vivente della leggendaria K’un Lun (ed un giorno o l’altro dovrai cercare di capire il vero significato di questo epiteto… se uscirai vivo da questa sciarada, s’intende), ma sei pur sempre un essere umano, non sei invulnerabile. Il potere del Pugno d’Acciaio può essere usato per guarire le tue ferite come quelle di altri, ma non è detto che riusciresti ad usarlo prima di frantumarti l’osso del collo nella caduta. Con uno sforzo che rischia di spingere i tendini delle tue braccia all’estremo limite riesci ad aggrapparti ad un lampadario, ma perdi quasi subito la presa. È bastato, però, ad interrompere la caduta quanto basta perché una serie di capriole ti permetta di atterrare praticamente illeso… anche se il dolore alle caviglie dice diversamente.

-Non preoccuparti, Iron Fist, ti darò una morte pietosa e rapida.- la voce di Scimitar eccheggia alle tue spalle e fai appena a tempo ad evitare un fendente della lama da cui prende il nome.

-Se per te è lo stesso…- replichi -… ne farei volentieri a meno.

            Fai un salto di lato e ti rendi conto che la tua caviglia destra è davvero malmessa ed il braccio sinistro non è da meno. Se avessi il tempo di usare il Pugno d’Acciaio per curarti non ci sarebbero problemi, ma Scimitar non te lo consente e guarire da una lussazione per poi farsi sventrare non è certo il massimo. Tuttavia non puoi semplicemente continuare ad evitare i fendenti del tuo nemico, devi agire finché sei ancora in tempo.

            Il dolore ti rende difficile la concentrazione, ma sai cosa devi fare e devi farlo in fretta Ti lanci contro Scimitar ignorando il dolore alla caviglia ed al braccio, la tua mano sinistra chiusa a pugno risplende di energia, un’energia che si scarica sulla lama di Scimitar distruggendola, mentre la tua gamba scatta ed un potente calcio stende lo stupefatto avversario.

            Ti lasci cadere contro una parete. La stanza gira intorno a te e senti che stai per svenire, ma prima devi fare una cosa… comporre un numero di telefono su un cellulare miniaturizzato, orgoglio delle Rand-Meachum Enterprises, che porti sempre con te.

-Jeryn… ho bisogno d’aiuto.-

            Fai appena a tempo a dare l’indirizzo prima di perdere i sensi.

 

            Natasha Romanoff è preoccupata. Negli ultimi giorni è sopravvissuta ai tentativi di assassinio degli sgherri di Alexei Kostantinovitch Gerasimov, il Pakhan della Mafia Russa di New York,[2] ad uno scontro coi Signori del Male[3] ed ai letali piani di Augustus DeCeyt,[4] ma non è tanto questo a preoccuparla, quanto la crisi finanziaria che sta vivendo. Lei ed Iva sono praticamente senza lavoro e senza soldi e se non trovano presto una soluzione, la banca si prenderà anche l’appartamento in cui vivono. Di certo, se lo sapesse, Tony Stark le darebbe una mano, ma lei è una donna orgogliosa e non chiederà l’elemosina a nessuno. Troverà una soluzione da sola... e nel frattempo tanto vale che dia una lezione di vita a Gerasimov.

            Controllato per bene il suo equipaggiamento, la Vedova Nera lascia la sua casa.

 

            Dire che Ivan Ivanovitch Petrovitch è contento, sarebbe un eufemismo un po’ azzardato. Diciamo che ritiene di non avere altra scelta e che fa quello che ritiene utile per lui e soprattutto per la sua figlioccia.

            Brighton Beach a Brooklyn sembra un posto molto tranquillo, a patto di non pestare i piedi alla gente sbagliata e per qualcuno quella che Ivan sta per incontrare è decisamente la gente sbagliata.

            L’uomo che scende dalla limousine è alto e molto robusto, completamente calvo e con una folta barba lunga. È vestito in modo informale, con jeans e maglione a collo alto di un rosso brillante.

-Ivan Ivanovitch!- esclama –Che piacere rivederti.-

-Sono sempre contento anch’io di rivederti Simyon Borisovitch.- replica Ivan –Non mi aspettavo, però, che saresti venuto di persona.

-Quando un vecchio amico come te dice che ha bisogno di aiuto, vuol dire che è in guai seri. Come potrei starmene tranquillo e farli risolvere ad altri?- ribatte Simyon Borisovitch Kurasov, uno dei capi riconosciuti della Mafia Russa. Non dei peggiori, comunque: niente droga od omicidi, almeno così dice. È il re dei ladri e dei trafficanti d’armi, però –Se si tratta di aiutare un vecchio amico con cui ho più di un debito d’onore non mi tiro indietro, specie se posso anche pestare i piedi di Ivan il Terribile.-

-Cosa vuoi dire?- chiede Ivan.

-So che la tua pupilla, la Vedova Nera, ha iniziato una guerra personale con Alexei Kostantinovitch Gerasimov e Gerasimov è l’uomo di Ivan il Terribile a New York.-

-E se lui cadesse, tu potresti prendere il suo posto.-

            Kurasov ride di gusto.

-Perché no? Non ci sarebbe niente di male, non credi? Io e Ivan Pushkin ci confrontiamo da anni e lui si merita in pieno il suo soprannome. È inutilmente crudele e veramente malvagio.-

-E tu?-

-Io? Sono un uomo d’affari ed evito sempre la violenza, o almeno ci provo. Certo i miei affari non sono ben visti dalla legge, ma sono solo dettagli. Torniamo a noi, adesso. Ti aiuterò, vecchio amico e lo farò alle tue condizioni. Ti avverto, però: sarà un affare molto pericoloso. Sei sicuro di sentirtela?-

            Ivan sbuffa.

-Non sono più tanto giovane, ma non sono ancora pronto per l’ospizio.- replica –Tu dimmi solo quando devo cominciare.-

-Mi piace il tuo spirito, vecchio mio.- commenta Kurazov, ridendo –A questo punto ci sta bene un brindisi. Ho con me la tua marca preferita di vodka. Sei ancora capace di reggere una gara?-

-Mettimi alla prova.-

            Sperando di aver preso la giusta decisione, Ivan segue il suo vecchio amico.

 

 

3.

 

 

            Il tuo è un sonno agitato. Davanti a te si accavallano immagini confuse e senti voci difficili da decifrare: un uomo vestito di verde si batte contro le orde di Gengis Khan, una ragazza sconfigge dei pirati ed un altro combatte gli inglesi da qualche parte e poi l’uomo… i suoi abiti somigliano ai tuoi e la maschera è praticamente identica alla tua. Sul suo petto brilla il tatuaggio di Shou Lao l’immortale, il tuo stesso tatuaggio. La sua voce è indistinta dapprima, poi, man mano che si fa più vicino e riesci a distinguere i suoi lineamenti, la senti più distintamente.

“Il pugno d’acciaio non è un dono, è una maledizione. Non dimenticarlo, ragazzo!”

            A questo punto, ti svegli.

-Calma, ragazzo, va tutto bene, fin troppo, direi.-

            A parlare è stato Jeryn Hogart, l’avvocato della tua famiglia da… da sempre per quanto ne sai e, ripensandoci, non è molto quello che sai della tua famiglia.

-Non riuscirò mai a capire come fai, ma se quando ti ho trovato eri più morto che vivo, ora sei in ottima forma.-

-Il potere del Pugno d’Acciaio può essere usato per guarire come per distruggere.- rispondi -È tutta una questione di energia interiore e…-

-Troppo filosofico per me.- replica Jeryn agitando la mano destra –Preferisco occuparmi di questioni molto più pratiche. Mi basta saperti a posto, anche se mi ero spaventato. Ad un certo punto hai preso a brillare e borbottavi parole incomprensibili cercando di dare colpi ad avversari invisibili.-

-Ho sognato, credo. Ho visto i miei predecessori come Iron Fist, i passati campioni di K’un Lun. Era una cosa molto vivida, come se quello che stessi vedendo fossero eventi reali ed io fossi lì con loro e poi… uno di loro mi ha guardato e mi ha parlato. Era un occidentale come me e questo non ha senso.-

-Perché?-

            Salti dal letto e cominci a vestirti

-Ho sempre creduto che mio padre fosse stato il primo occidentale a raggiungere K’un Lun, ma potrei sbagliarmi, non sarebbe la prima volta. Ci sono troppe cose che non so al riguardo. Fino a non molto tempo fa ignoravo perfino di avere una sorella maggiore e sarebbe il caso che andassi a farle visita in ospedale.-

            Detto questo, finisci di annodarti la cravatta, una cosa che odi, detto per inciso, e nei panni di Daniel Thomas Rand, magnate della finanza, ti avvii verso la tua meta.

 

            Un lancio perfetto. I glider li hanno portati silenziosamente dritti sull’obiettivo ed ora è solo questione di sbarazzarsi dell’equipaggiamento ormai inutile e pensare ad entrare nel complesso fortificato.

            Rick Mason si fruga in una tasca e ne estrae una specie di palmare. Preme alcuni tasti e poi si rivolge agli altri:

-Gli impulsi generati da quest’aggeggino hanno disattivato ogni sistema d’allarme almeno per i prossimi 30 minuti. Il tempo necessario ad entrare.-

-E non è che in quelle tue tasche hai anche qualcosa che ci permetta di superare questa rete?- gli chiede Luke.

-In realtà si.- risponde Mason estraendo un altro aggeggio da un’altra tasca. Se la rete era elettrificata ora non lo è più. Ora, se permette3te, aprirò un varco.-

-Sembrano le tasche di Eta Beta.- commenta Paladin –Il tuo paparino ti ha fornito di gadget buoni per ogni cosa, per caso?-

-In realtà, si. Ora lasciami lavorare.-

-Ehi, dov’è finita quella tizia, Elektra?- chiede Luke -Era qui, accanto a me, solo un istante fa-

-Avrà fatto uno dei suoi trucchetti da ninja e mentre noi parlavamo sarà già arrivata dentro l’edificio principale.- commenta, sogghignando, John Garrett -Aspettate e vedrete se non è vero.-

 

Avanziamo in silenzio lungo corridoi di metallo. C’è una strana aria d’irrealtà. La luce è innaturale ed ogni tanto sento una strana pulsazione sotto i miei calzari e lungo le pareti che ogni tanto sfioro. Mi chiedo se e quando altri piedi umani abbiano percorso questi corridoi e se non faremmo meglio ad essere altrove. La risposta è semplice: mio padre non deve mettere le sue mani sul cubo cosmico o quel che ne rimane. Certe scelte sono davvero semplici, a volte.

-Ehi gente…- esclama improvvisamente Reston -… è solo una mia impressione o fa davvero caldo qui?-

-Hai ragione, Clive.- risponde Leiko –La temperatura sta aumentando man mano che proseguiamo.

-Stiamo arrivando alla fonte.- è il commento di Reston -… il cuore delle energie residue del cubo cosmico.-

-E questo che cavolo significa?- domanda Black Jack Tarr.

-Che è meglio che stai attento a quel che desideri.- replica l’altro –Potresti ottenerlo.-

-Sei un genio per le frasi fatte, Reston.-

-Me lo hanno detto in molti… assieme ad altre cose molto meno carine.-

            Ammiro la loro capacità di scherzare in una situazione di pericolo. Quanto a me, preferisco tacere,

 

 

4.

 

 

            La ragazza siede silenziosa rivolta verso la finestra. Se ti ha sentito entrare non ne dà alcun segno, quindi tocca a te fare il primo passo.

-Miranda…sono Danny.-

            Lei si volta ed accenna un sorriso. Sul suo volto nessuna emozione particolare.

-Come stai oggi?- le chiedi.

-Decisamente meglio.- risponde lei –Potrei dire che mi sento abbastanza in forma… a parte che… nella mia memoria c’è il vuoto. Dici di essere mio fratello e quando ti guardo trovo qualcosa di familiare, ma per il resto…-

-Recupererai presto la memoria, vedrai.- le rispondi –Ora preparati. Ho parlato coi tuoi dottori e mi dicono che sei pronta per essere dimessa.-

-E per andare dove?-

-A casa, ovviamente. È stata la mia casa finora e sarà anche la tua adesso.-

-Non so cosa dire.-

-E allora preparati a partire. Dal momento che non hai altri abiti a parte quelli che avevi indosso quando ti abbiamo trovato,[5] un paio di mie amiche mi hanno aiutato a scegliere degli abiti che ti stessero bene, speriamo di averci azzeccato. Ti aspetto fuori.-

            Esci dalla stanza e non puoi non chiederti se Miranda recupererà mai la memoria. E anche se accadesse? Tu e lei non vi conoscete, dopotutto. Avete lo stesso padre, ma cosa sapete davvero l’uno dell’altra? E quanto poco tu sai del tuo retaggio? Quante cose della sua vita tuo padre ti ha tenuto nascoste? Poco importa: aiuterai Miranda a guarire ed allora tu e lei insieme andrete alla ricerca dei segreti di Wendell Rand. Perché ci sono dei segreti, ne sei sicuro.

 

            Il cancello si apre silenziosamente ed il gruppetto si avvia lungo un breve vialetto che conduce ad una porta… che si apre silenziosamente e nel vano appare Elektra.

-Che vi avevo detto?- commenta John Garrett –Ninja… Bah.-

            Elektra non replica e gli volge le spalle avviandosi lungo un corridoio. Per un attimo Garrett solleva la pistola che ha in pugno quasi come se accarezzasse l’idea di sparare alla schiena della ragazza, poi sogghigna, abbassa l’arma e la segue.

            A terra ci sono i corpi di uomini che indossano una sorta di uniforme simile a quella dell’A.I.M. ma di colore nero e con un elmetto più piccolo. Luke preferisce non chiedersi se siano solo svenuti o se Elektra li abbia, più o meno pulitamente, uccisi. Non ha tempo per gli scrupoli in questa situazione o così continua a ripetersi.

            Alle pareti c’è un simbolo sovrastato dall’acronimo A.I.D. ma non si tratta di una promessa di aiuto. Le lettere stanno per: Advanced Idea Destruction, Avanzate Idee di Distruzione. La dice lunga sugli scopi di quest’organizzazione. Howard ha detto che è formata da fuoriusciti dell’A.I.M., dell’Hydra e di altre organizzazioni simili, insoddisfatti dei metodi troppo soft delle organizzazioni provenienza. Se uno arriva ad accusare l’Hydra di essere troppo molle non è certo tipo con cui scherzare. È in mano a questi pazzi che sarebbe finito il Corno Distruttore o, come pare che lo abbiano ribattezzato, il Corno dell’Apocalisse: un arma sonica in grado di far detonare a distanza interi arsenali nucleari e provocare altri disastri di proporzioni elevate. Chi vorrebbe usare davvero un’arma del genere? Meglio non chiederselo ed agire per impedirlo.

            Il gruppetto si ferma davanti ad un’altra porta.

-Il magazzino?- si chiede Simon Stroud –Qualcuno ha un’idea di come entrare?-

-Vediamo se questo funziona.- risponde Rick Mason appoggiando un altro dei suoi gadget alla porta –Dovrebbe analizzare il sistema di apertura, decifrare i codici di sicurezza ed… aprirlo… adesso.-

            Il portone si apre e mostra un vasto salone… pieno di uomini armati.

-Dolce Natale!- esclama Luke –Qualche idea su cosa fare adesso?-

-Fare?- replica Garrett puntando la sua pistola e sparando –Li facciamo fuori, ecco cosa facciamo!-

            Luke sospira e si getta in avanti mentre proiettili e strani raggi rimbalzano sul suo petto. Un’altra camicia a pezzi, pensa, perché agli altri supertipi non capita mai ed a me praticamente sempre?

            Nel frattempo i suoi compagni si sono gettati nella mischia facendo del loro meglio contro il gran numero di avversari.

 

            Il taxi procede senza fretta nel traffico di Manhattan. Il guidatore sembra un tipo semplice, indossa abiti comodi ed in testa ha un berrettino con visiera. Mastica qualcosa: dice a tutti che è una gomma alla nicotina e che sta cercando di smettere di fumare. In realtà è un comune chewing gum e la piccola bugia fa parte della sua storia di copertura. Si fa chiamare Jake Lockley, ma non è il suo vero nome, è solo una delle tante identità di copertura che ha escogitato a sua protezione, un’idea che ha preso ad un vecchio eroe pulp, The Shadow. Se anche qualcuno dei suoi nemici riuscisse a scoprirne una, sarebbe molto improbabile che ci riuscisse con tutte (a dire il vero, in passato, qualcuno c’è anche riuscito, ma lui preferisce non pensarci). In ogni caso, che si faccia chiamare Jake Lockley, Steven Grant o Marc Spector una cosa rimane sicura, lui è Moon Knight ed il suo scopo è tenere la feccia criminale lontano dalle strade, un compito quasi impossibile, lo sa bene, ma non si tirerà indietro.

            Negli ultimi tempi ha dovuto tenere un basso profilo. Il licantropo Jack Russell, un vecchio amico, mentre era sotto il controllo del malvagio stregone Moondark,[6] gli ha inferto una grave ferita alla gamba che ci ha messo del tempo a guarire completamente, visto che nel frattempo lui ha anche dovuto affrontare, in pessime condizioni fisiche, un vecchio avversario. Meno male che poi è riuscito a prendersi una breve vacanza ai Caraibi. Ora è tornato in città e stasera ha deciso di fare un breve giro nei panni di Lockley. Non sa esattamente cosa pensa di trovare, ma sa come vanno queste cose: se non sarà lui a trovare guai, saranno i guai a trovare lui.

            Ha appena finito di fare questa riflessione che, con un forte tonfo qualcosa colpisce il cofano del suo taxi. Jake lo arresta di colpo e scende a vedere. Il cofano è deformato e non c’è da stupirsi: a caderci sopra è stato un corpo umano, un uomo completamente nudo per la precisione. Jake Lockley si china su di lui e lo esamina: nessun segno vitale apparente, sembra proprio morto, anche se è difficile da dire se sia stato per la caduta o per qualche altra ragione. Ma perché un uomo nudo dovrebbe cadere dal cielo, o più probabilmente da uno dei palazzi vicini? Mentre se lo chiede, il suo sguardo cade casualmente sulle mani dell’uomo che giace ad occhi sbarrati con lo sguardo rivolto al cielo: i palmi delle mani presentano della sottile peluria e sente un brivido attraversargli la schiena. Lui sa cosa significa questo ed è davvero un’interessante coincidenza che quel tizio sia caduto proprio sul suo taxi. Si potrebbe pensare che da qualche parte un dio beffardo si stia divertendo con lui… e lui sa che è proprio così.

 

 

5.

 

 

            La Vedova Nera non si aspetta che entrare in questa casa di Brighton Beach sia facile quanto lo è stato l’ultima volta, ma ha fatto una promessa e la manterrà, dovesse passare sopra ai corpi di tutti gli scagnozzi di Alexei Gerasimov per riuscirci. Spicca un grande balzo e dalle fronde di un albero atterra dentro il giardino della villa fortificata… azionando immediatamente un allarme.

            Gli scagnozzi di Gerasimov nel vederla sembrano esitare. Molti di loro hanno udito storie di quanto letale sia la donna che hanno di fronte e non riescono a credere che sia stata così sciocca, deve avere un piano, ma quale? Natasha approfitta del loro disagio per sparare un colpo con ciascuno dei suoi bracciali e subito due uomini cadono a terra come fulminati. Gli altri reagiscono sparando, ma Natasha è troppo agile per loro ed evita ogni colpo, poi agisce in fretta, abbattendo altri tre uomini con rapidi calci e colpi col taglio delle mani. Gli scagnozzi si ritrovano troppo disorientati per reagire abbastanza in fretta e la Vedova Nera ne abbatte altri due. Sembra inarrestabile, ma qualcosa la colpisce alle spalle, alla base del collo. È il calcio di un fucile. Natasha prova a rialzarsi, ma un uomo le sferra un calcio al volto e lei cade a terra. Subito gli uomini rimasti in piedi le sono addosso  e nonostante lei continui a combattere riescono a sopraffarla ed a legarla.

-Basta così!- proclama Alexei Kostantinovitch Gerasimov, apparso sulla soglia di casa –Non la voglio morta, non ancora.- Si avvicina a Natasha e le solleva il viso –Sarebbe troppo facile per te morire subito ed anche un peccato sprecare così una bella donna. Mi divertirò con te quanto vorrò, poi ti passerò ai miei uomini e solo dopo consentirò a quello che sarà rimasto di te di morire.-

-Porco.- replica Natasha sputandogli in faccia.

            Gerasimov si pulisce col dorso della mano destra, poi ordina seccamente:

-Portatela dentro.-

            Da una postazione lontana, qualcuno ha osservato l’intera scena grazie ad una microcamera precedentemente piazzata.

            Maledizione, pensa, quell’esagitata si è messa nei guai e mi sta costringendo ad agire prima del previsto. L’ho sempre detto che quegli idioti in costume complicano il mio lavoro.

            L’uomo termina l’annotazione sul suo diario e si alza, prendendo le sue armi, poi si mette alla guida del suo minivan e lo mette in moto.

 

            Da tempo la palestra è la parte di Villa Rand in cui trascorri la maggior parte del tuo tempo ed è mentre ti stai allenando duramente come tuo solito che percepisci una presenza alle tue spalle. Ti volti di scatto e ti trovi davanti tua sorella.

-Cosa fai qui, Miranda?- le chiedi –Pensavo stessi riposando.

-Non riuscivo a dormire ed ho pensato che un po’ di attività fisica potesse farmi bene.- risponde lei.

            Tu stai per replicare che non è ancora il momento, poi cambi idea.

-Nello spogliatoio troverai gli abiti adatti.- le dici –Indossali e raggiungimi.-

-OK… Danny.-

            Pochi minuti dopo siete l’uno di fronte all’altra sullo stesso tatami. Stringi le labbra e le sferri uno dei colpi che ti ha insegnato Lei-Kung il Tonante. Miranda lo para senza sforzo. Provi un altro attacco, ma lei lo respinge ancora una volta. Non c’è dubbio: Lei-Kung ha addestrato anche lei, ma in realtà non hai mai avuto alcun dubbio su questo.

-Come ho fatto?- chiede la ragazza ad alta voce.

-Puoi aver perso la memoria, ma il tuo istinto sa sempre cosa fare ed il tuo corpo risponde adeguatamente. Sei stata addestrata dal migliore insegnante di questo e di altri mondi, il mio stesso insegnante. Mi chiedo perché tu non abbia partecipato al torneo per il ruolo di Iron Fist, ma forse lo hai fatto e non lo ricordi. Ma se lo hai fatto e lo hai vinto, allora perché non hai sfidato Shou Lao? Hai rinunciato come nostro padre o te lo hanno impedito? E perché? Yu-Ti e Lei-Kung dovevano saperlo ed io ho perso l’occasione per chiederglielo.-

-Non capisco nemmeno la metà di quello che dici.-

-Già… comprendo come tutta questa storia debba sconcertarti. Vieni con me: la sessione di allenamento è finita ed io ho una lunga storia da raccontarti. Comincia prima della nostra nascita.-

 

            Elektra Niatchos non si fa domande: agisce. Gli sgherri di questa misteriosa A.I.D. sono gente contro cui può scatenarsi senza farsi troppe remore morali. Sono assassini, anzi, peggio: sono aspiranti genocidi. Ucciderli non le procurerà alcun incubo, alcun rimorso. Per quanti siano e per quanto siano armati non sono avversari all’altezza della migliore ninja addestrata dalla Mano… la migliore dopo Kirigi almeno, ma Kirigi non è qui adesso. Certo… un proiettile potrebbe anche colpirla sia pure per caso, ma lei non è sola ed i suoi alleati sono in gamba. Alla fine loro sono i soli a rimanere in piedi in mezzo al sangue.

-Non intendo rifarlo mai più.- proclama Luke Cage.

-Nemmeno io.- replica Simon Stroud.

-Io invece non mi divertivo più così tanto dal mio ultimo viaggio in Sud America.- aggiunge Garrett, strizzando l’occhio ad Elektra, che sostiene il suo sguardo senza mutare espressione.

-Bene. Adesso che facciamo?- chiede Paladin.

-Credo proprio che l’unica altra cosa che farete voi tutti sarà morire.- gli risponde una voce di donna alle sue spalle.

 

 

6.

 

 

            Il tenente Flint sente una lieve corrente d’aria alle sue spalle e si gira per vedere che l’anta della finestra del suo ufficio è sollevata e nel vano c’è la bianca figura di Moon Knight.

-E così ti sei degnato di arrivare.- dice alzandosi dalla sua poltroncina girevole.

-Hai fatto ciò che ti ho chiesto, Flint?- si limita a dirgli Moon Knight balzando nell’ufficio.

-Se ti riferisci al chiedere al Medico Legale di non procedere all’autopsia di quel tipo nudo caduto sul taxi da chissà dove… si, l’ho fatto. Non che ce ne fosse bisogno: con il lavoro che hanno non l’avrebbero comunque fatta prima di domani o dopodomani. Non capisco, però, perché t’interessi tanto. Certo, neanche in questa città capita che uomini nudi cadano dall’alto quasi dal nulla, ma non è neanche un caso tanto importante da scomodare la Omicidi. I detective del distretto competente bastano ed avanzano… a meno che tu non sappia qualcosa che mi sfugge.-

-Se hai voglia di farti una gita all’obitorio stanotte, lo vedrai anche tu.- risponde Moon Knight –Ma prima prendi questi.-

            Flint osserva quel che Moon Knight ha gettato nel palmo della sua mano.

-Vuoi scherzare?- esclama.

-Non scherzo mai.- replica l’altro. Ci vediamo all’obitorio. Ti aspetterò lì, tra mezz’ora.-

            Senza dire altro Moon Knight si tuffa dalla finestra e si aggrappa ad una scaletta che pende dal suo Moon Glider.

            Il tenente Flint scuote la testa. Il suo rapporto con quel supereroe gli ha portato più di un beneficio, ma questo non vuol dire che capisca quelli come lui.

 

            Sul vano della porta è apparsa una donna che indossa le stesse tute nere simil A.I.M. degli uomini che Cage ed i suoi alleati hanno appena sconfitto solo che è a volto scoperto ed i capelli neri le ricadono sulle spalle. Al suo fianco altri uomini pesantemente armati.

-E tu chi saresti, bambola?- le chiede John Garrett puntandole la pistola direttamente in mezzo agli occhi.

-Il Mio nome è Monica Rappaccini, Dottoressa Monica Rappaccini per lei, Mr. Garrett.- risponde tranquilla la donna.

-Mai sentita. Lo dici come se fosse un nome importante. E come c#[§o sai chi sono io.-

-Sono sempre stata una donna molto ben informata.-

-Io lo so chi sei.- interviene Rick Mason –Una famosa scienziata italiana esperta in biochimica e biofisica. Eri un pezzo grosso dell’A.I.M. Hai lavorato con Modok, ma ad un certo punto si sono perse le tue tracce. Si diceva che avessi idee troppo radicali per l’attuale Scienziato Supremo e perfino per Modok.-

-Ahimé! Quando uno è troppo avanti rispetto a chi lo circonda è predestinato a non essere capito.- commenta la donna –I miei complimenti Mr. Mason, lei è davvero all’altezza della fama che circonda il leggendario Agente.-

-Direi che non potendo comandare l’A.I.M. Se ne è costruito uno tutto suo. Questo… A.I.D.- commenta Paladin con un leggero sogghigno –Peccato che non sia di aiuto a nessuno.-

-Davvero divertente.- ribatte la Rappaccini con una voce ed un’espressione che non fanno presumere alcuna traccia di senso dell’umorismo in lei.

-Quel che non capisco…- interviene Luke -.. è perché vuoi usare quel… Corno Distruttore. Che vantaggio ne avresti a precipitare il mondo nell’apocalisse nucleare?-

-Sta tentando il solito vecchio trucco di far parlare il cattivo dei suoi pieni, mentre pensa ad un modo per fermarlo? Cosa le fa pensare che io sia uno di quei cattivi da operetta e perda tempo invece di uccidervi qui e subito?-

-Megalomania?-

-Forse ne ho almeno un po’, lo riconosco. Rispetterò il suo desiderio, comunque. Il Corno dell’Apocalisse, come lo chiamo io, sarà azionato precisamente tra dodici ore esatte.-

-Ma perché?- ripete Simon Stroud –Che guadagno ne avrete a sterminare l’Umanità?-

-E chi ha mai detto che voglio farlo?- replica la scienziata –I Governi mondiali possono ancora fermarmi… se accetteranno le mie condizioni… che comunicherò loro tra un’ora.-

-Un banale ricatto… che delusione.- commenta Rick Mason

–Spiacente di averla delusa, Mr. Mason, ma non posso farci niente. Ora signori… spero che mi capirete se sarò costretta a farvi uccidere tutti. I miei piani non richiedono interferenze a questo punto della loro esecuzione.-

-E come pensi di riuscirci?- le chiede Stroud.

A dire il vero, l’ho già fatto. Da almeno due minuti state respirando un gas di mia creazione a cui, ovviamente, io sono immune. A questo punto dovreste cominciare a sentirne gli effetti. Non vi sentite la testa pesante per caso?-

            Il gruppetto di mercenari comincia a cadere. Luke esclama con voce strozzata.

-Maledetta…-

-Niente parolacce Mr. Cage, non stanno bene sulle labbra di un moribondo.-

-Dottoressa!- esclama improvvisamente un uomo dell’A.I.D. –Guardi!-

            Elektra non è caduta, è rimasta immobile, come in trance, poi, all’improvviso, scatta. Due shuriken trapassano le gole di due sgherri, mentre lei salta e con due calci ben assestati ne abbatte altri due. Un uomo alle sue spalle la prende di mira, ma non fa in tempo a sparare: un colpo di pistola lo coglie alla schiena.

            A sparare è stato Paladin, che si sta rialzando. Il suo volto ora è interamente coperto dalla maschera.

-Come…?- esclama una sorpresa Rappaccini.

<<Per mia fortuna sono riuscito ad abbassare la maschera ermetica prima che il gas facesse effetto.>> risponde Paladin <<Sono un po’ stordito ma vivo.>>

            Elektra ha raggiunto la Rappaccini e le preme sul collo uno shuriken.

<<Non avrà scrupoli ad ucciderla, temo.>> commenta Paladin –Forse potrei convincerla a risparmiarla se tirasse fuori un antidoto al suo gas velenoso.>>

-E chi dice che esiste un antidoto?- replica la donna –E che possa funzionare ancora?-

<<Nel qual caso lei sarà un bel cadavere e farà compagnia ai miei compagni. Scommettiamo che non ha tutta questa voglia di morire?>>

            Monica Rappaccini sospira, mentre soppesa le alternative e prende una decisione.

 

            Natasha Romanov si guarda intorno. Si trova in un ampio salone ed è circondata dagli uomini di Gerasimov. È legata mani e piedi ed hanno dovuto trascinarla sin lì.

-La temuta Vedova Nera!- dice con voce carica di disprezzo Gerasimov –In tanti hanno paura di te, ma sei caduta fin troppo facilmente nelle mie mani.-

-Ed intanto sono entrata qui dentro.- ribatte Natasha sorridendo.

-Cosa?-

            La Vedova Nera rilascia i muscoli che fino ad allora aveva tenuto tesi e si libera delle corde che la trattenevano, colpendo contemporaneamente gli sgherri al suo fianco e saltando poi verso Gerasimov.

-A quanto pare adesso non sono più una preda indifesa.-

-Cosa vuoi farmi? Non uscirai viva da qui.-

-Davvero? Neanche tu. Ti ho fatto una promessa, ricordi?-

            Prima che un’altra parola possa essere detta od un’azione fatta, la porta d’ingresso esplode fragorosamente.

 

 

7.

 

 

            Diciamo la verità: a nessuno piacerebbe passare la notte all’obitorio cittadino ed il Tenente Flint non fa eccezione, ma quando si fa il poliziotto bisogna adattarsi anche a fare cose che non ci piacciono. Quanto a Moon Knight, sembra che nulla lo turbi. I due si muovono in un salone illuminato da luci soffuse e si fermano dinanzi ad una serie di portelli di metallo.

-Dov’è il corpo?- chiede Moon Knight.-

-Numero 34… o così mi hanno detto.- risponde Flint.

-Moon Knight apre la cassettiera e fa scivolare fuori il ripiano di metallo su cui è adagiato il corpo che è caduto sul taxi di Jake Lockley.

-È decisamente morto.- commenta Flint –Non capisco cosa ti aspettavi di trovare.-

-Aspetta un po’ e vedrai da te.-

            Moon Knight alza gli occhi a contemplare la luna piena la cui luce penetra da una finestra e va ad illuminare il cadavere… i cui occhi si aprono improvvisamente.

-Cosa…?- esclama Flint.

              Nell’uomo avviene un rapido cambiamento e quello che si alza dal lettino di metallo è una sorta di lupo umanoide, che digrigna le zanne ed emette un ringhio sempre più forte.

-No… non è possibile!- esclama uno sconcertato Flint.

            L’essere si scaglia contro i due e Moon Knight reagisce scagliandogli contro a sua volta un paio delle sue mezzelune, che, però, hanno solo l’effetto di rallentare il licantropo. Moon Knight evita di poco un colpo vibrato dal suo nemico. Ormai ha attirato la sua attenzione distogliendola da Flint, il che è precisamente quel che voleva. Ora deve solo riuscire a sopravvivere e non sembra un compito facile.

-Ora, Flint!- urla –Sparagli adesso, sparagli!-

            Il poliziotto è visibilmente scosso, ma alla fine riesce a recuperare il suo sangue freddo e spara una, due volte, verso il licantropo. L’uomo lupo emette un ululato di dolore, poi si gira verso Flint e si getta contro di lui.

            Il tenente continua a sparare aggiustando la mira ed alla fine il licantropo cade propri ai suoi piedi.

-È… è…-

-Morto.- conferma Moon Knight –Morto definitivamente stavolta.-

            Mentre l’avventuriero mascherato sta parlando, il licantropo subisce una nuova trasformazione, ridiventando del tutto umano.

-Come è possibile?- chiede Flint –Era morto. Doveva essere morto. Perché si è… risvegliato?-

-Niente può davvero uccidere un licantropo a parte l’argento.- spiega Moon Knight -Chiunque o qualunque cosa abbia provocato la sua caduta mentre era umano non poteva ucciderlo definitivamente. È bastato che il suo corpo fosse bagnato dai raggi della luna piena per farlo rivivere.-

-Per questo hai voluto che venissimo qui e mi hai dato le pallottole d’argento. Ma come facevi a sapere cosa sarebbe successo?-

-Quando il tuo primo avversario è un licantropo[7] tendi ad informarti un po’ sull’argomento. Quando ho… saputo che questo tizio aveva della peluria sul palmo delle mani, ho capito che doveva essere un licantropo ed ho deciso che sarei stato presente alla sua resurrezione. Mi chiedo, però, chi fosse e come ha fatto a diventare un licantropo. A quanto ne so, non ci sono licantropi a New York da un bel pezzo.-

-Licantropi. Anche con le bizzarrie che avvengono in questa città non ci crederei se non l’avessi visto con i miei occhi. Ora che ci ripenso… avevo letto dei rapporti tempo fa su degli strani decessi, ma non ci avevo fatto caso. Ogni tanto capita anche in una grande città che qualche vagabondo finisca sbranato dai cani randagi o dai topi.-

-E nessuno se cura, immagino. Eppure sento che c’è di più in tutto questo e voglio scoprire cosa.-

 

            Sposti rapidamente un po’ di oggetti e finalmente arrivi a ciò che cerchi: un vecchio baule. Apparteneva a tuo padre e ti sei ricordato di averlo visto, mentre ci frugava dentro, quando eri bambino. Ti eri scordato della sua esistenza finora, ma ripensare a quanto poco tu sappia della vita passata di tuo padre te l’ha fatto tornare in mente ed è ancora lì dov’è rimasto negli ultimi 15 anni

            È chiuso, naturalmente, ma dopo un attimo di esitazione, usi il tuo potere per aprirlo. Contiene un bel po’ di cianfrusaglie, ricordi di viaggi in posti lontani e… una foto ingiallita dal tempo. La guardi, sentendo, contemporaneamente lo sguardo curioso di Miranda sopra la tua spalla.

            Sembra una sorta di foto ricordo in cui sono ritratti: 4 uomini adulti, una giovane donna ed un ragazzino. Il ragazzino lo riconosci subito: è tuo padre, il misterioso Wendell Rand, ma a colpirti è l’uomo al suo fianco, alto, forte, chiaramente il leader del gruppo. Quel che attira il tuo sguardo è ciò che indossa: una specie di tuta verde tenuta in vita da una fusciacca gialla ed a coprirgli la parte superiore del volto una bandana gialla con i buchi degli occhi. Una sorta di versione del costume di Iron Fist. E con tua meraviglia lo riconosci: è lo stesso che hai visto nel tuo delirio, mentre ti riprendevi dallo scontro con Scimitar.

            A quanto pare ci sono più segreti nel passato di tuo padre di quanto tu supponessi, come se non fosse abbastanza una sorella perduta.

-Chi è quello?- chiede Miranda sorpresa, indicando l’uomo col costume di Iron Fist.

-Non lo so.- rispondi perplesso –Ma voglio scoprirlo a tutti i costi.-

-Allora lo faremo insieme.-

 

            Luke Cage ha voglia di vomitare e di strozzare la donna chiamata Monica Rappaccini. Deve solo decidere qual è la cosa più importante. Per fortuna la donna aveva davvero un antidoto con se ed è stato somministrato appena in tempo a tutti i membri del gruppo.

-Bene.- commenta Paladin. Ora che stiamo tutti bene. È il caso di completare la nostra missione.- si rivolge ad Elektra –Come diavolo hai fatto a sopravvive al gas?-

-Addestramento della Mano.- è la laconica risposta.

-Suppongo che questo spieghi tutto. Ok. Ora pensiamo ad eliminare quella stramba superarma e per bonus ci portiamo via la dottoressa.-

-Siete gente in gamba.- replica la Rappaccini –Dovrò ricordarmi di voi in futuro.-

-Sempre che abbia un futuro.- replica Simon Stroud.

-Vogliamo scommettere?-

            Paladin non si prende il disturbo di replicare. Nel frattempo Rick Mason, l’Agente, è riuscito a scovare il Corno dell’Apocalisse, un aggeggio fin troppo piccolo per il genere di distruzione che può scatenare, pensa Rick, poi scaccia ogni altro pensiero e si preoccupa di neutralizzarlo. Da una tasca estrae un altro dei suoi aggeggi.

-Un'altra delle invenzioni che ti ha dato tuo padre?- gli chiede Stroud.

-Si e no.- è la sibillina risposta di Mason, che poi si affretta a spiegare –In realtà mio padre l’ha costruita su commissione di Howard ed è stato lui a darla a me.-

-Tutto questo è interessantissimo…- li interrompe John Garrett col tono di chi pensa esattamente l’opposto -… ma al momento sono più interessato a come quest’affare può risolvere il nostro problema ed a filarcela da qui.-

-Se quest’affaruccio funziona a dovere...- dice -… questo posto sarà presto cancellato dalla carta geografica. Ci penserà lo stesso Corno dell’Apocalisse autodistruggendosi.-

-Che bello. Mi ci voleva un’altra esplosione sul mio curriculum.- commenta Paladin.

-In realtà sarà più un’implosione, ma non sottilizziamo. Abbiamo mezz’ora per filarcela e suggerirei di cominciare subito. Immagino che la bella dottoressa verrà con noi.-

-Puoi giurarci.- replica Stroud –Ci sono almeno una dozzina di agenzie di intelligence solo negli Stati Uniti che vorranno far due chiacchiere con lei ed io intendo consegnargliela.-

-Di cosa farne discuteremo dopo. Ora filiamocela.- sentenzia Garrett.

            Ci vuole pochissimo tempo a ripercorrere i corridoi dove la sola presenza sono i cadaveri degli agenti del cosiddetto A.I.D. perlopiù spacciati da Elektra. In breve il gruppetto è all’aperto e si affretta a correre.

            Pochi minuti dopo un’onda d’urto scuote l’ambiente circostante sbattendo i fuggiaschi a terra. Qualunque cosa sia accaduta nella roccaforte dell’A.I.D. è avvenuta senza un singolo suono, nessuno almeno percepibile dall’orecchio umano. Davvero inquietante, pensa Paladin, mentre si rialza. È a questo punto che si rende conto che…

-La Dottoressa Rappaccini è sparita!-

-Deve aver approfittato dell’onda dell’implosione per fuggire.- interviene l’Agente

-Non può essere andata lontana.- dice Garrett.

-Invece si… se aveva con se qualche dispositivo criptante o, peggio ancora, di teletrasporto.- ribatte Paladin.

-Odio tutte queste st#[[]+te tecnologiche.- interviene Luke –Dove sono finiti i nemici che bastava picchiare per far fuori una volta per tutte?

-Spariti quando è passato di modo l’hula hop, temo.- replica Stroud –Se volete il mio parere è meglio filarcela prima che lei richiami altri suoi scagnozzi.

-Ho già mandato il segnale.- li informa Garrett -La bella Annie sarà qui tra poco per riportarci a casa. Poi potremmo anche andare a berci un bicchierino insieme in ricordo dei vecchi tempi, che ne dici pupa?-    

            Elektra, a cui era rivolto l’invito, gli rivolge un sorrisetto e risponde:

-Non so quanto ti converrebbe Garrett. Io sono pericolosa quando bevo.-

-Anche quando non bevi, baby, lo so molto bene.-

            Luke non li sta ascoltando. Non vede l’ora di riscuotere il suo compenso e rientrare a casa. Da qualche parte c’è ancora un nemico senza volto che lo vuole morto. Presto o tardi scoprirà chi è ed allora ci sarà una resa dei conti.

 

 

FINE TERZA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Con quest’episodio chiudiamo, almeno apparentemente, una delle linee narrative seguite finora e se ne aprono altre due con protagonisti Iron Fist e Moon Knight. Intanto, giusto per approfondire:

1)     Monica Rappaccini è un personaggio creato da Fred Van Lente & Leonard Kirk su Amazing Fantasy Vol 2° #7, inedito in Italia, che fa in quest’episodio la sua prima apparizione Marvelit. Se e quanto la sua storia sia simile a quella della sua controparte Marvel USA lo scopriremo in seguito. Restate sintonizzati.

2)     Moon Knight fece la sua prima apparizione su Werewolf by Night #32 (la serie dedicata al più famoso licantropo Marvel, Jack Russell) per mano di Doug Moench & Don Perlin nel lontano 1975, il che spiega la sua competenza in fatto di licantropia.

3)     Miranda, sorella maggiore di Danny Rand, è un personaggio creato da Chris Claremont & John Byrne su Iron Fist (Vol 1°) #2 (Prima Edizione Italiana Shang Chi, Corno, #36).

4)     I più attenti di voi avranno già capito chi sono i personaggi ritratti nella foto trovata da Danny Rand, gli altri dovranno aspettare ancora un po’… ma non troppo, tranquilli.

 

 

Carlo



[1]Come visto negli episodi da #36 a 43

[2] Nell’ultimo episodio, per esempio.

[3] In Vendicatori #75/76.

[4] Nei più recenti episodi di Villains LTD

[5] In Vendicatori #69.

[6] Come visto in Midnight Sons #9

[7] Accadde in Werewolf by Night #32/33, inediti in Italia.